giovedì 14 maggio 2009

Giornali online a pagamento?




"I nostri siti presto a pagamento". "L'era attuale di internet", ovvero di un web in cui l'informazione giornalistica viene data per lo più gratuitamente, "sarà presto finita". Queste le parole di Rupert Murdock rilasciate sul suo Wall Street Journal in data 7 maggio.
Il giorno successivo Vittorio Zambardino, giornalista di "La Repubblica," pubblica sul suo blog "Scene digitali" un post chiarificatore sulle frasi di Murdoch.
L'idea del magnate australiano è partita dal problema della crisi degli investimenti pubblicitari, fondamentali per la sopravvivenza dei giornali online.
Innanzitutto Murdoch si rivolge ai giornali americani in cui vi è una buona integrazione tra le notizie del giornale e quelle del sito a differenza di quelli europei (faccio notare ad esempio che gli articoli del "The New York Time" sono firmati a differenza di quelli del "Corriere della sera" e di altri illustri giornali europei che sono semplicemente degli aggregati di takes d'agenzia).
Murdoch non ha intenzione di mettere a pagamento tutto il sito ma soltanto alcune parti che saranno formate da nuovi contenuti.

Conviene mettere dei contenuti, più o meno estesi, a pagamento?

Bisogna vedere se i ricavi delle sezioni a pagamento compenseranno la probabile diminuzione di utenti e di investimenti pubblicitari.
Tutte le informazioni a pagamento non appariranno nei motori di ricerca.
I giornali si renderanno invisi ai lettori giovani, principali lettori dell'online ed abituati ad una grande varietà di informazione gratutita.

Per il momento in Europa questi problemi paiono lontani, i nostri giornali online continuano ad essere dei semplici aggregatori di takes d'agenzia, corredati da qualche filmato, foto, editoriali (spesso copiati pari pari dal giornale cartaceo) e blogs (forse l'unico vero contributo originale).


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